Nella luce del mondo

Luna dei monti Iblei. Foto di @carlocolumbafineart

Luna dei monti Iblei. Foto di @carlocolumbafineart

Le notti di luna piena non riesco a dormire. È così da quando portavo mio figlio in grembo.

Da allora ad oggi ho vissuto questo cambiamento come una fatica, stanchezza aggiunta a stanchezza.

Solo con l’ultima luna ho capito che il problema non era non dormire, ma non poter restare sveglia. Avere un ritmo di vita che non mi permette di offrire una notte allo studio o alla scrittura o a un libro letto d’un fiato, al disegno a star raggomitolata a pensare davanti al camino.

Non so ancora come, ma so che qualcosa cambierà.

E questo basta perché sia capodanno.

Ma io ho anche aggiunto una casa di campagna e l’ultimo libro di Patti Smith.

Foto di @carlocolumbafineart

Foto di @carlocolumbafineart

Leggo di lei mentre mio figlio gira intorno al tavolo con la bicicletta, fuori fa buio presto, la stufa a legna è accesa e Carlo inforna le mele.

Così viaggio dai monti Iblei alla California, osservo le sue visioni e sogno di mangiare tacos di pesce insieme a lei in un locale di Santa Cruz.

Ma io non voglio essere lei. Vorrei solo essere me, come Patti sa essere se stessa.

Per questo sono felice di aver capito il senso delle notti bianche di luna il giorno del suo compleanno.

Felice di sperimentare che nel mio corpo è ancora vivo un richiamo ancestrale antico quanto il mondo.

Stamattina ho guardato il mio amore sotto i mandorli spogli, mi sembrava di scorgere i desideri del suo cuore, tutti illuminati dal sole.

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Ci sono luoghi in cui la parte più vera di noi prende il sopravvento.

Anche Patti ha il suo ed una casa a Rockaway beach. L’ha acquistata che stava appena in piedi, oggi è il suo rifugio. Fino a quando non ha potuto ristrutturarla dopo ogni tempesta correva a contare i danni. Ne trovava sempre, ma la casa è rimasta su quel tanto che serviva ad alimentare il suo sogno, la sua intenzione, la sua necessità.

Casa di Patti Smith a Rockaway beach.

Casa di Patti Smith a Rockaway beach.

Chissà quando abbiamo cominciato a credere alla narrazione che distingue il desiderio dalla necessità, la realtà dal sogno. Come se, poi, anche quello che non si può realizzare, non valesse la pena sognarlo comunque. Fin nei particolari.

Stamattina una foglia di quercia è caduta proprio mentre passava il mio bambino. Lui si è fermato, l’ha guardata fino a quando non ha toccato terra, poi si è voltato, mi ha sorriso un attimo ed ha proseguito.

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Sì guarda intorno con sguardo maturo ed è pronto a cogliere ogni segnale. Sembra più un animaletto selvatico che un bambino.

Anche lui sta imparando che il giorno del compleanno di Patti è un giorno in cui star lieti, una festa di famiglia.

Auguri ragazza mia, benedico ciascuno di questi tuoi settantaquattro anni nella luce del mondo.

Patti Smith ❤️

Ti conserverò un luogo

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Giona mi dorme accanto. Attaccato, appiccicato. Caldo, vivo. Morbido, elastico. Respira tra le mie costole, soffia e mi attraversa. Io suono come un flauto di legno, un canto sottile che si perde nelle pianure del Nebraska. Ti conserverò un luogo, potrai correre come lupo!

Fuori la campagna è di fuoco giallo d’erba, verde cupo di Querce. Si muovono i Daucus.

Io pure respiro, ma non sono un fiore né un bambino.

Sul comodino Emma di Jane Austen.

In valigia un cerchietto a pois.

“Sei bella” – mi ha detto – prima di andar via.

Ho tutta la vita in gola.

 

 

 

L’unica gemma degna d’essere regalata

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Ho steso lenzuola bianche alla luce del tramonto.
Il sole d’estate arrivava, spezzato come pane della domenica, abbondante, moltiplicato, tra i rami di vecchi cipressi.

Le lenzuola sembravano vele di uno scafo. Nel vento era certo il mare.

Sono entrata nella mia stanza, la camera che chiamiamo “Virginia Woolf”.

Mi sono seduta sul tappeto verde acqua. Avrei dovuto lavorare.

Questa volta il sole attraversava i vetri della finestra ricadendo come pioggia d’oro sulla mia piantina, rinvasata di fresco, poggiata sulla cassettiera, accanto ai libri di Patti Smith. Li tengo a parte, come un vangelo.

Allora ne ho aperto uno, ho letto una pagina, ho benedetto lo spirito che “soffia dove vuole”. Tenerla per me, sarebbe un sacrilegio.

Eccola

L’aria era festosa, elettrica. Aprii la porta a zanzariera ed uscii. Sentivo crepitare l’erba. Sentivo la vita – un carbone ardente gettato sul fieno.
Mi coprii il capo. Sarei stata felice di coprirmi le braccia, il volto. Rimasi lì in piedi a guardare i bambini che giocavano e qualcosa nell’atmosfera – la luce filtrata, il profumo delle cose – mi riportò indietro…

Quanto siamo felici da bambini. Quanto viene offuscata quella luce dalla voce della ragione. Vaghiamo nella vita – castoni senza pietra. Finché un giorno non prendiamo una svolta ed eccola lì a terra davanti a noi, una goccia di sangue sfaccettato, più reale di un fantasma, sfolgorante. Se ci muoviamo, rischierà di sparire. Se non agiamo, nulla sarà redento. C’è un modo per risolvere questo piccolo enigma. Dire la propria preghiera. Non importa in che modo. Perché una volta finito si possiederà l’unico gioiello che valga la pena conservare. L’unica gemma degna d’essere regalata.

Una piccola mano mi offrì un dente di leone.

Esprimi un desiderio!

Lo presi. Di un giallo acceso – selvatico, inconsistente e caro a Dio. Trasformarsi per assecondare un nostro desiderio in una nuvoletta canuta. Ciuffi di manna sfilacciata discendono sul mondo…

Esprimi un desiderio, soffia…

Respirare ancora, cos’altro potevo desiderare? Tutto il mio essere si getto in quell’impresa. Avevo dalla mia il cielo con la sua capacità di diventare, in un batter d’occhio, qualunque cosa. Scrutai le nuvole in cerca di presagi, risposte. Sembravano muoversi molto rapide, con forme di cupola, delicato tessuto connettivo. Il volto dell’arte, di profilo. Il volto della negazione, benedetta. 

Cosa facciamo, Grande Barrymore?
Vacilliamo.
Cosa facciamo umile monaco?
Siamo di buon cuore.

E questi consigli, impartiti con una grazia così perfetta, riempirono le mie membra di una tale leggerezza che ne fui sollevata e lasciata a fluttuare sull’erba, anche se a tutti pareva fossi ancora tra loro, avviluppata nei doveri umani, con entrambi i piedi per terra.

da “I tessitori di sogni” di Patti Smith

Giona, mio figlio.

Giona, mio figlio.

 

 

Come una silenziosa primavera

Fiori di pesco. Foto di Carlo Columba https://www.instagram.com/carlocolumbafineart/?hl=it

Fiori di pesco.
Foto di Carlo Columba
https://www.instagram.com/carlocolumbafineart/?hl=it

Viaggeremo con un camper dall’Alaska a New York,
fino all’ultimo metro del sogno.

Vedremo le balene, il Montana, i coccodrilli della Florida
i cavalli pazzi del Kentucky vicino al Ranch di Sam Shepard.
Cercheremo Patti in un café italiano della Grande Mela,
il cappelaio matto di Central Park.

Saremo sudici e felici.
Nostro figlio non andrà a scuola.
Sarà nomade. La terra nelle scarpe.
Le unghia nere di colori ad olio sui notes della lista della spesa.

Porteremo in giro per il mondo la paura di invecchiare,
una borsa frigo con le mie fiale e
gli incubi notturni si sgretoleranno sotto i piedi del gigante “Presente”.
Rinasceremo e moriremo ogni giorno, come una silenziosa primavera.

Avremo la leggerezza di chi ha fallito tutti gli obiettivi,
mancato ogni profezia.
Avremo punti di riferimento nella stratosfera, in angoli di universo
che nessun calcolo potrà ipotizzare.
Saremo i pastori di un solo agnello, con la speranza
di vederlo andar via, saltellando..

Leggeremo libri, ci scambieremo baci, morsi alle fragole, pesche nel vino e
massaggi di labbra e di mani ai piedi gonfi di passi.
Andremo in cerca di eremiti e poeti, ragazze madri e galeotti
comporremo elegie con la vita che avremo mietuto, gialla come il grano di giugno.

Festeggeremo come un “rito perenne”, il giorno in cui ci siamo guardati,
il concepimento del piccolo profeta, il parto che mi ha dato occhi di animale selvatico.
Non ci saranno compleanni, la linea del tempo avrà abbandonato la tangente,
Bohémien chissà dove.
Non tornerà mai più.

Guarderemo di tanto in tanto le nostre tristezze, per poi riporle con cura e integre
in preziose scatole intarsiate a mano.
Porteremo al collo, ai polsi e alle caviglie gli affetti più cari.
Tintinneranno ad ogni nostro passo di danze gitane, ad ogni braccio teso al saluto.

Noi finiremo.

Il nostro giardino sarà felice per sempre.

Che salpino le navi…

Sogno: dal latino SOMNIUM, sonno. Immagini che vengono nella mente durante il sonno oppure “finzione, cosa passeggera”.

Visione: dal latino VIDERE, vedere. Funzione sensoria per la quale gli occhi pongono gli uomini e gli animali in rapporto con il mondo esteriore, con l’intermedio della luce”.

Realtà: dal latino RES, cosa. Oggetto che esiste, sostanza, verità.

Dilatare: da DIS(che indica separazione) e LATUS, esteso spazioso. Accrescere in estensione e ampiezza.

SOGNO di VEDERE la REALTA’.
VEDO la REALTA’ da SOGNARE
DILATO coi SOGNI la REALTA’.

Lacrime sul petto del fratello

 (AP Photo / Manu Brabo)

(AP Photo / Manu Brabo)

“Un giorno ci sarà una grande festa alla quale parteciperanno i bambini diventati adulti e gli adulti ridiventati bambini. Sarà una festa su tutta la Terra Santa, come la chiamano i cristiani; Benedetta, la proclamano i musulmani; Promessa, la sperano gli ebrei. Dall’Hermon a Gaza, da Tiberiade al Negev, dal mare al fiume, da Gerusalemme a Hebron, a Ramallah, a Nazareth… Il muro verrà abbattuto e non si saprà più dov’era prima. Le vie di acquartieramento delle colonie saranno viali e i reticolati siepi fiorite.

Ismaele abbraccerà Isacco e questi bagnerà di lacrime di gioia il petto di suo fratello. Si terranno per mano e si siederanno insieme vicino alla tomba di Abramo, dalla quale scaturirà un canto di lode, un inno di giubilo. Solo l’amore esclusivo per la casa del Signore, l’Amico degli uomini, abiterà il cuore di Sara e solo le lacrime di gioia e di consolazione solcheranno le guance di Agar. L’ospitalità reciproca sarà la legge del paese. I matrimoni misti diventeranno innumerevoli. I bambini giocheranno insieme, non si lanceranno più né pietre né insulti, non li capiranno neanche più, né in arabo né in ebraico. A Gaza si sentirà giurare per il Dio di Mosè e a Tel Aviv per quello di Muhammad. Chi ritorna dalla Mecca incontrerà chi scende da Gerusalemme, gli abitanti del mondo intero esclameranno: Guardate come si amano!

Anche i discepoli del Nazareno avranno deposto l’orgoglio e si saranno messi a servizio dei pellegrini: Li accompagneranno lodando Dio in Spirito e verità. Le ossa dei suicidi e dei martiri saranno lavate dal perdono, gli assassini soccomberanno alla contrizione e tutti rinasceranno nell’unico abbraccio del Padre”.

(da “Collera e luce” di Paolo Dall’Oglio)