L’unica gemma degna d’essere regalata

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Ho steso lenzuola bianche alla luce del tramonto.
Il sole d’estate arrivava, spezzato come pane della domenica, abbondante, moltiplicato, tra i rami di vecchi cipressi.

Le lenzuola sembravano vele di uno scafo. Nel vento era certo il mare.

Sono entrata nella mia stanza, la camera che chiamiamo “Virginia Woolf”.

Mi sono seduta sul tappeto verde acqua. Avrei dovuto lavorare.

Questa volta il sole attraversava i vetri della finestra ricadendo come pioggia d’oro sulla mia piantina, rinvasata di fresco, poggiata sulla cassettiera, accanto ai libri di Patti Smith. Li tengo a parte, come un vangelo.

Allora ne ho aperto uno, ho letto una pagina, ho benedetto lo spirito che “soffia dove vuole”. Tenerla per me, sarebbe un sacrilegio.

Eccola

L’aria era festosa, elettrica. Aprii la porta a zanzariera ed uscii. Sentivo crepitare l’erba. Sentivo la vita – un carbone ardente gettato sul fieno.
Mi coprii il capo. Sarei stata felice di coprirmi le braccia, il volto. Rimasi lì in piedi a guardare i bambini che giocavano e qualcosa nell’atmosfera – la luce filtrata, il profumo delle cose – mi riportò indietro…

Quanto siamo felici da bambini. Quanto viene offuscata quella luce dalla voce della ragione. Vaghiamo nella vita – castoni senza pietra. Finché un giorno non prendiamo una svolta ed eccola lì a terra davanti a noi, una goccia di sangue sfaccettato, più reale di un fantasma, sfolgorante. Se ci muoviamo, rischierà di sparire. Se non agiamo, nulla sarà redento. C’è un modo per risolvere questo piccolo enigma. Dire la propria preghiera. Non importa in che modo. Perché una volta finito si possiederà l’unico gioiello che valga la pena conservare. L’unica gemma degna d’essere regalata.

Una piccola mano mi offrì un dente di leone.

Esprimi un desiderio!

Lo presi. Di un giallo acceso – selvatico, inconsistente e caro a Dio. Trasformarsi per assecondare un nostro desiderio in una nuvoletta canuta. Ciuffi di manna sfilacciata discendono sul mondo…

Esprimi un desiderio, soffia…

Respirare ancora, cos’altro potevo desiderare? Tutto il mio essere si getto in quell’impresa. Avevo dalla mia il cielo con la sua capacità di diventare, in un batter d’occhio, qualunque cosa. Scrutai le nuvole in cerca di presagi, risposte. Sembravano muoversi molto rapide, con forme di cupola, delicato tessuto connettivo. Il volto dell’arte, di profilo. Il volto della negazione, benedetta. 

Cosa facciamo, Grande Barrymore?
Vacilliamo.
Cosa facciamo umile monaco?
Siamo di buon cuore.

E questi consigli, impartiti con una grazia così perfetta, riempirono le mie membra di una tale leggerezza che ne fui sollevata e lasciata a fluttuare sull’erba, anche se a tutti pareva fossi ancora tra loro, avviluppata nei doveri umani, con entrambi i piedi per terra.

da “I tessitori di sogni” di Patti Smith

Giona, mio figlio.

Giona, mio figlio.

 

 

La chiave

Sicilia, estate 2017

Sicilia, estate 2017

Tutto quello di cui avevo bisogno mi si era manifestato in un frammento di secondo, come se di colpo sapessi tutte le risposte o la strada esatta per una destinazione impossibile.
Vidi tutto quello che avevo davanti, in un istante che immediatamente scomparve, lasciando però il segno.
Intuii che quando sarei stata pronta avrei avuto la chiave.

  • Patti Smith, Devotion.

Un’intima primavera rovente

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Patti Smith quest’anno ha composto il suo piccolo presepe sudamericano sulla bandana rossa che gli regalò William S. Burroughs.
Quando l’ho letto ho pensato: “Diamine, wow!”. Non solo riflettendo su quante persone che hanno fatto la storia di musica e letteratura lei abbia incontrato, ma anche per il suo modo personalissimo di ricordarsi del Natale.

Il mio modo personalissimo di prepararmi al nuovo anno è, da qualche capodanno a questa parte, scrivere di lei, e di lei e me.

Nei 365 giorni che sto per lasciarmi alle spalle mi rendo conto di aver corso all’impazzata a cavallo fra i miei trentasette e trentotto anni, percorrendo territori sconosciuti terribili a tratti, straordinari.
Il ventre mi si è gonfiato come vela di maestrale, nuda, in acqua, ho partorito mio figlio, tra grida, sangue, mani di uomo amato sulla fronte. Ho sentito tutto il potere di cui sono regina e poi la fragilità, la stanchezza, la solitudine, la tenerezza, la passione, l’amore.

Tutto diverso,
tutto maestoso e bellissimo,
tutto tragico,
tutto disordinato,
tutto vero a perdifiato.

Capisco in altro modo, lo dico, lo scrivo, lo ridico, lo riscrivo.
Giro lo sguardo interiore come la testa delle civette e vedo cose che prima non sapevo esistessero.
E Patti e lì. Con un altro libro da leggere (da Devotion, Patti Smith, Edizione Passaggi Bompiani), insieme all’uomo con cui condivido l’affetto e la stima per lei. Libro letto lentamente, abitando i brandelli di tempo comune senza bocca da nutrire, culo da pulire, vita da crescere, benedetta in ogni cellula, in eterno.

Patti parte, attraversa l’oceano verso l’Europa continuamente. Sceglie con cura i libri da portare in viaggio e chiude gli occhi immaginando di trovarsi sulla punta di enormi ghiacciai:

Mi sistemo al mio posto, bevo acqua minerale, e mi lascio trasportare da un libro che racconta una vita, un frammento di Simone Weil. Il libro scelto di fretta si è rivelato più che utile e il soggetto è un modello ammirevole per una moltitudine di modi di pensare. […] Chiudendo gli occhi, visualizzo la cima di un ghiacciaio e scivolo in un’intima primavera rovente circondata da pareti impenetrabili di ghiaccio.

Patti è con noi, come una maestra interiore, la leggiamo, l’ascoltiamo, la citiamo mentre diamo forma ai nostri sogni futuri di viaggi, di arte nelle mani, di libertà realizzate, di identità inesplorate.
Noi, per niente precisi ed efficienti… Le sue visioni ci danno il coraggio di navigare a zonzo fra i nostri desideri, mangiando mandorle sul divano e
intrecciando i piedi e i fiati ad ogni riga,
gli sguardi e cuori,
la stanchezza e i dolori.
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Patti visita i cafè francesci, ripercorre la vita degli scrittori europei, mangia e beve dove hanno bevuto e mangiato loro, legge quel che loro hanno letto, rende omaggio alle loro tombe. In Italia visita gli affreschi di Giotto, le stanze dei monasteri antichi, resta in piedi, silenziosa, all’idroscalo di Ostia dove fu straziato Pasolini e offesa l’intelligenza e piagato l’animo di tutti.

Tornata a New York, ho faticato un po’ nel riaggiustarmi chimicamente. Avevo soprattutto dei lunghi momenti di nostalgia, una brama di essere dove ero stata. Prendere il caffè la mattina al Cafè de Flore, i pomeriggi al giardino della Gallimard, esplosioni di produttività su un treno in corsa.

Trascorre molto tempo con sua figlia Jesse, parla ai gatti, scrive, beve caffè nero al bar del quartiere. Ha cura e devozione per il suo tempo interiore e vive senza rancori. Imparo da lei che non esiste il tempo perso, imparo perfino che mai niente è perduto, dei vivi come dei morti.

Tutto è solenne, onesto, potente.

Imparo da lei che d’imparare non finisce mai il tempo, da quel che non si conosce e perfino da quel che si sa bene.
La racconto a mio figlio che non pronuncia parole, lui tutto corpo ancora muto che parla con il pianto, con gli occhi, con le braccia tese, con la saliva in faccia, con sillabe stentate.

Da quando il mio corpo ha dato vita alla vita desidero trovare la forza di ogni cosa, la magia delle persone, le alchimie che tengono in piedi il mondo. Nessun mito, nessuna idealizzazione. La forza come è, l’amore come è, la morte perfino e il buio com’è.

Patti ha tanto sofferto. Ha patito la fame, la solitudine, ha partorito a sedici anni una bambina che non ha potuto crescere, ha perduto l’amore della sua vita all’improvviso e prematuramente, ha vissuto il lutto per la morte del fratello e di mille amici che AIDS ed eroina falciavano senza nessuna misericordia o pietà.
Eppure la vita le piace moltissimo, ama il giorno del suo compleanno e sempre ringrazia i suoi genitori per averla fatta nascere.
Racconta del dolore come il fuoco che brucia, riscalda, rinnova. Lo accetta, lo guarda, lo tocca, infila dentro le mani, i piedi, ci cammina dentro. Non fugge.

Non fugge.

Ho guardato in cielo le nuvole minacciose.
Ho supplicato mio fratello.

“Todd, puoi aiutarmi? Sono da sola nel giorno del tuo compleanno e cerco una persona che si chiama Simone”. 
Ho sentito la sua mano che mi guidava. Alla mia destra c’era un’area boscosa e ho sentito che dovevo andare lì. Di colpo mi sono fermata. riuscivo a sentire l’odore della terra. C’erano allodole e passeri, un fascio di luce sottile che appariva e poi scompariva. Ho girato la testa senza alcuna pausa estatica e l’ho trovata, in tutta la sua umile grazia. Ho aperto il soffietto della macchina fotografica, ho regolato le lenti e ho fatto qualche foto. Mentre mi inginocchiavo per mettere il mio piccolo fagotto sotto il suo nome, si sono formate parole, ruzzolando come una filastrocca. Mi sono sentita nella pace più assoluta. La pioggia è andata scemando. Avevo le scarpe fradice. La Luce non c’era, ma l’amore sì.

Happy birthday Patricia, you are born!

Januar von Patti Smith - Making of ; January by Patti Smith - Making of;

Una cosa meravigliosa

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La metamorfosi del cuore è una cosa meravigliosa, a prescindere da come arrivi.

– Patti Smith, M Train.