Ti conserverò un luogo

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Giona mi dorme accanto. Attaccato, appiccicato. Caldo, vivo. Morbido, elastico. Respira tra le mie costole, soffia e mi attraversa. Io suono come un flauto di legno, un canto sottile che si perde nelle pianure del Nebraska. Ti conserverò un luogo, potrai correre come lupo!

Fuori la campagna è di fuoco giallo d’erba, verde cupo di Querce. Si muovono i Daucus.

Io pure respiro, ma non sono un fiore né un bambino.

Sul comodino Emma di Jane Austen.

In valigia un cerchietto a pois.

“Sei bella” – mi ha detto – prima di andar via.

Ho tutta la vita in gola.

 

 

 

“…Andate nelle montagne!”

(Norma Parenti, partigiana, insieme al marito Mario Pratelli. Sarà uccisa dopo feroci sevizie, a soli 23 anni)

(Norma Parenti, partigiana, insieme al marito Mario Pratelli. Sarà uccisa dopo feroci sevizie, a soli 23 anni)

Roma, 22 dicembre 1947, l’assemblea costituente alle ore 18.30, con 453 voti a favore e 62 contrari approva la Costituzione della Repubblica Italiana.

In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti… Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!
Dietro ogni articolo, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte in questa Costituzione. Questa non è una carta morta, questo è un testamento…un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio sul luogo in cui è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la vostra Costituzione. 

  • Pietro Calamandrei

Attraverso Kobane

Non so quanto io abbia il diritto di esultare per la liberazione di Kobane, dato che apprendo la notizia comodamente seduta sul divano di casa mia, eppure non voglio autoprivarmi della gioia che questa notizia porta con sé.

Kobane è diventata un simbolo di lotta per la libertà, forse perché a lottare contro il califfato delle tenebre è stata una minoranza etnica, forse perché le donne hanno avuto in questa battaglia un ruolo fondamentale, forse perché il web ci ha permesso di vivere la riconquista metro dopo metro.

La Siria è il fronte di tante guerre, un territorio sacrificato sull’altare di troppi idoli. L’unico paese, fra quelli coinvolti nelle primavere arabe, ad avere più di centomila morti e quasi tre milioni di profughi. Ma tante vittime non hanno ancora saziato la fame delle ragioni politico-economiche che tengono vergognosamente in piedi il regime di Bashar al-Assad. Il fallimento della politica estera internazionale ha generato il mostro Isis, contro il quale impieghiamo oggi tante forze e risorse. Piangiamo, giustamente, gli uccisi in terra d’occidente e sentiamo sul collo il fiato della minaccia jihadista.

Gli incubi dei nostri adolescenti sono popolati da bandiere nere lanciate alla conquista delle nostre sicurezze e le parole di conforto che rivolgiamo loro non rassicurano nessuno, neppure noi stessi: “Prof., non può capire quanto sto male per queste notizie di morte e di guerra! Sono delusa, ma non so bene da cosa. E’ che non mi sento protetta, non sono sicura di poter contare sullo Stato e sono, sopratutto, confusa. Sta succedendo qualcosa che è più grande di noi, qualcosa di grave, eppure mi pare che nessuno faccia nulla di veramente efficace per difendere la gente”.

Nei ragazzi sensazione e istinto sono ancora strumenti funzionanti, suonano, non stonano. Sono alleati preziosi nel faticoso tentativo d’interpretare la realtà. Con le loro feste per i diciotto anni tutte da organizzare, pieni di entusiasmo, paure e speranze, compiono il difficile passaggio che li condurrà fuori dalle mura. Adesso si rendono conto, si avvicina il tempo in cui ciò che si crede vero e giusto bisogna farlo, per averlo, non basta desiderarlo. Mi auguro che, un giorno, si ricorderanno delle ore passate a scuola studiando l’intricata vicenda siriana, le religioni e la storia dolorosa di una piccola città al confine con la Turchia, data per spacciata ma tornata alla libertà: “L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore”, canta così, nella Bibbia, una donna umiliata dai potenti e difesa da Dio (1Sam 1,49). Quel giorno, forse, potrò sentire di appartenere anch’io al vento che muove a festa le bandiere a colori sulle colline di Kobane.

Lasciami andare

(foto di ©Felicia Simion)

(foto di ©Felicia Simion)

Lasciami andare ove il fato mi vuole,
lasciami andare!
Sono assetata di gloria e di sole,
Lasciami andare!

Non mi sgomenta il periglio remoto,
La meta oscura.
Sfido le tenebre, sfido l’ignoto!
Non ho paura.

Ozio codardo,
ti sprezzo e detesto,
Lasciami andare!
Ferree catene, v’infrango e calpesto,
Voglio lottare.

Schiava, o fantocci, del vostro comando
Io non sarò.
Viver dormendo, morir sbadigliando
Non voglio, no!

Voglio combattere, voglio soffrire!
Vita, e se credi,
Ancor combattere voglio, e morire
Su ritta in piedi!

Lasciami andare ove il fato mi vuole,
Lasciami andare!
Sono assetata di gloria e di sole!
Lasciami andare!

( Annie Vivanti, da Lirica – 1890)