Sereno Business a tutti!

(Viareggio, carro sul dramma delle frontiere chiuse, carnevale 2017)

(Viareggio, carro sul dramma delle frontiere chiuse, carnevale 2017)

Mentre guidavo verso scuola, giovedì mattina, in radio è passata la pubblicità di una società di assicurazioni, credo. Una di quelle realtà che coinvolgono ed interessano il mondo della finanza internazionale, il passaggio di merci e soldi da un paese all’altro. Quindi, io, in quanto docente precaria a tempo determinato pronta a rituffarmi nel campo di battaglia delle scuola, non le ho prestato alcun interesse o attenzione. Ero distratta, pensavo ad altro, a molte cose, ma di certo non ai capitali e al commercio.
Soltanto che la chiusura della pubblicità mi ha violentemente costretta all’ascolto:

“Guadagna sereno qualunque siano le tue rotte, con noi Il BUSINESS NON HA FRONTIERE!”

In Serbia, a un gruppo di migranti, che aveva con sé un bambino di 2 anni, era stato detto che sarebbero stati accompagnati in un centro di accoglienza profughi. La polizia li ha invece abbandonati in un bosco al confine con la Bulgaria in piena notte con temperature sotto lo zero. Sono sopravvissuti, ma quando li hanno trovati due erano in stato di ipotermia e privi di coscienza.

In un tribunale serbo alcuni migranti hanno espresso la volontà di richiedere asilo. La polizia che avrebbe dovuto accompagnarli in un centro di accoglienza, ha invece distrutto i documenti e li ha portati alla frontiera bulgara.

In Ungheria un ragazzo siriano di 22 anni ha visto respinta la sua richiesta di asilo in un processo dove non aveva rappresentanza legale e senza possibilità di appello.

“Invito tutta la gente d’Europa ad andare dalla polizia e dire: Aprite le frontiere!” (Aziz, afghano anni 8, bloccato in Serbia).

Ma i nostri capitali non hanno frontiere. Il Business viaggia sicuro. Siete sereni?

Lievito Madre

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Lievito madre è un film documentario per la regia di Concita De Gregorio ed Esmeralda Calabria, presentato alla 74° Mostra del cinema di Venezia.
E’ un film documentario che io definirei piuttosto un “luogo”, un luogo di incontro. Un luogo e un “tempo” dedicato, all’ascolto, all’introspezione alla condivisione, alla riflessione. Nel racconto che le protagoniste fanno di se stesse e della loro storia personale, nelle parole di queste donne che hanno attraversato buona parte del secolo scorso, riecheggia la storia del nostro paese, del movimento femminista, quello politico e culturale, ma anche quello domestico e quotidiano, attraverso il quale ciascuna di loro ha trasformato se stessa e la realtà che le circondava, grazie a quella capacità, tutta femminile, di modificare lo spazio nel quale ci si muove, si vive, si ama, si patisce.

Trasportata dal flusso di questo racconto, mai noioso o retorico, mai costruito o artificiale, ho avuto modo di ri-vedermi e ri-scoprirmi, come se immaginarmi alla loro età mi avesse avvicinata al senso del cammino presente.

Ho sentito sincera in me la gratitudine per le loro battaglie, per le vittorie e a maggior ragione per le sconfitte! Le vittorie mi hanno permesso di vivere in una società dove, seppur ancora negati, i diritti delle donne sono in gran parte legiferati. Mi hanno permesso di avere parità di istruzione e di poter tener testa ad un uomo ad ogni livello relazionale. Le loro sconfitte, invece, mi permettono, oggi, di avere misericordia di me stessa, perché in nessuna di loro è presente durezza e intransigenza. Amarezza si, disillusione anche, dolore molto, ma non durezza e lo trovo bellissimo, perché l’indurimento del cuore è uno dei più grandi pericoli dell’avanzare degli anni. Una protezione verso lo smarrimento della vita che finisce, forse, ma una maledizione per la vita del presente che sempre è, anche se diversa da come la si vorrebbe.

La lucidità con cui analizzano i loro legami familiari o i loro amori passati e presenti, mi ha consolato. Mi sono sentita confortata nella certezza che la sofferenza, anche la più atroce, si può portare nella carne, fino alla fine, solo se se ne ha consapevolezza: della ferita che l’ha generata, delle nostre responsabilità, della strada che ha fatto percorrere. Quando questo non accade, quando si cercano altre cause o ragioni, quando non ci si guarda dentro, ma solo attorno, il dolore è confuso e la confusione dolente provoca disperazione.

Eppure queste donne narrano della guerra, del fascismo, della fame e della povertà senza rancore. Ed è bellissimo ascoltare parole prive di rancore verso la vita e le sue disgrazie.

Dopo le ultime battute, quando il documentario si chiude in un rincorrersi di voci, ho provato nostalgia per la donna anziana che vorrei essere. Mi piacerebbe avere da raccontare cose vere, amori grandi, dolori che non mi hanno irrimediabilmente spezzata, mi piacerebbe sorridere di tutti i miei difetti e mantenere uno sguardo sereno sulla morte. Vorrei averne paura, come è giusto che sia, ma temere ancora e molto di più la vita spenta.

Per le donne, in ogni parte del mondo anche se in misura differente, molte cose sono tutt’oggi una conquista. Per noi poi che viviamo in un’Europa sbandata ed egoista temo moltissimo la perdita della memoria per quanto si è guadagnato e per i processi storici che ne mantengono viva la coscienza. Trascinate costantemente a forza verso modelli che ci riportano indietro o velocemente avanti verso il nulla, ho paura che le bambine di oggi vengano private della testimonianza proprio di quelle vittorie e di quelle sconfitte che le donne del documentario raccontano.

Osservando gli spezzoni di antichi filmati, tra un intervista e l’altra, che ritraggono i giovani delle passate generazioni, ho pensato a come gli uomini, i maschi, abbiano in gran parte fallito la gestione del mondo, vissuta come loro diritto esclusivo. Nel mezzo di questa tragedia passata e presente, spiccano, tuttavia, uomini, maschi, che sono riusciti a dare un indirizzo diverso alla storia e sono proprio coloro che hanno combattuto per la propria sopravvivenza e/o per la libertà del popolo a cui appartenevano. E sono anche quelli che son stati capaci di guardare alle donne con occhi diversi.

Ecco, per me Lievito madre restituisce il valore e il senso a ciò che ha valore e senso, ridimensionando e sbriciolando tutto il non-senso che oggi assedia questo paese e l’Occidente intero.

Le singole storie personali, conosciute o no, raccontate o no, hanno un valore inestimabile ed una capacità silente di trasformazione della realtà la cui potenza continuiamo purtroppo ad ignorare, a non riconoscere. Ed invece è proprio questo che fa il “lievito madre”, moltiplica se stesso, fermenta e rende buono tutto l’impasto.