O a Palermo o all’inferno!

Da quando ho deciso di tornare a vivere a Palermo ho l’impressione che tutto a Roma mi rivolga lo sguardo. La città mi guarda, mi guardano le strade, i platani, i gatti di Torre Argentina. Mi guardano i turisti, i conducenti dei bus, i gabbiani, il Tevere, il Cupolone. Mi guardano senza fiatare. Non dicono nulla. Uno sguardo muto e intenso. Uno sguardo al quale non si può rispondere se non con occhi muti e intensi.
“A Palermo?” – mi ha chiesto un’amica, al telefono, con un tono interrogativo simile a quello che avrebbe avuto se gli avessi detto che ero in partenza per combattere la guerra santa in  Pakistan.
– “Si, a Palermo”, ho risposto io.
– “Ma l’insegnamento lì te lo danno?”
– “No”.
– “E quindi lasci uno stipendio sicuro, a Roma, per tornare a Palermo…”
– “Ehm…Si”.
– “A Palermo?”.
– “Si, ti ho detto, a Palermo”.
– “Che immagino sia la stessa Palermo dove siamo cresciute e dalla quale sono scappata”.
– “Si, è la stessa”.
– “E tu ci torni dopo tre anni di vita a Roma dove hai un lavoro sicuro senza garanzia di un qualsivoglia stipendio…”
– “Esatto”.
– “Aaaaaah… (silenzio). Ma perchè????????”.
– “Non lo so esattamente. Ma devo farlo, anzi no non devo, voglio farlo…So che è giusto così, so che voglio provare a vivere con le cose che Roma ha donato a me, di me”.

Roma, tre anni fa sono arrivata da te con degli obiettivi da raggiungere, una manciata di desideri e qualche dubbio. Adesso ti lascio con molti obiettivi mancati, desideri inediti e una valanga di dubbi. Quello che ero te lo sei rosicchiato poco a poco, quasi senza che io potessi accorgermene per poter lottare con te ed evitare che accadesse. Hai estirpato con pazienza quasi tutte le cose che pensavo di sapere e che credevo di dover/voler essere. Son partita da casa tanto pigra da non voler fare neppure un bollettino alla posta, adesso torno a Palermo in grado di far ripartire la caldaia, smacchiare i vestiti, cucinare, sterminare le formiche, entrare e uscire dall’ospedale, litigare con i vigili urbani, farmi le punture da sola, dire la mia ai consigli di classe, leggere un contratto, tenere a bada 400 ragazzini a settimana, asciugare le prime lacrime di un cuore spezzato, compilare il modulo per le ferie, usare un registro elettronico, capire come si entra e si esce dal raccordo anulare; so organizzare una rassegna stampa e so come si gestisce la diretta di una trasmissione radio, so fare la scaletta di un programma e so che non bisogna credere a tutto quello che viene detto nei corridoi della Rai. E, alcune volte, so perfino fare queste cose quasi contemporaneamente.
Mai avrei immaginato quale vita mi stavi preparando mentre abbattevi ciò che conoscevo, Roma città piena di segreti. Mai avrei immaginato di saper resistere alla vita con tale costanza, mai avrei creduto di saper condividere il pane del mio lavoro con la solitudine di cene piene di inverno.
Roma, mi hai insegnato a saziarmi delle briciole, raccolte con pazienza nei lunghi tragitti in tram. Racimolare i frammenti della vita degli altri e poi rovistarci dentro alla ricerca di un’esistenza che tutti ci accomuna. Ho mille tramonti di cui ringraziarti, infiniti passi donati, generosi e furiosi, alle tue strade.
Roma, che mi hai nutrito di Pasolini e temporali, di strade innevate a festa e di notti calde in attesa di vacanza.
Roma, che mi hai insegnato a parlare e che generosa e severa mi hai fatto recuperare con fretta violenta il necessario per vivere.
Roma, che hai mischiato la mia carne e il mio sangue con la carne e il sangue di tutti. Roma benedetta, che mi hai insegnato la bellezza di essere normale, di camminare sconusciuta e sola dentro all’ammasso intricato del mondo:

Stupenda e misera città, 
che m’hai insegnato ciò che allegri e feroci 
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza 
della vita in pace si scopre, come 
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi a un altro uomo 
senza tremare, non vergognarsi 
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino 
che suda contro le facciate in corsa 
in un colore eterno d’estate;

a difendermi, a offendere, ad avere 
il mondo davanti agli occhi e non 
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni 
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono

fratelli proprio nell’avere 
passioni di uomini 
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze 
ignote a me. Stupenda e misera 
città che mi hai fatto fare

esperienza di quella vita 
ignota: fino a farmi scoprire 
ciò che, in ognuno, era il mondo. (P. Pasolini)

Roma, adesso devo andar via, proprio adesso che ho imparato a vivere insieme a te la lunga lotta del trascorrere quotidiano del tempo. Torno a casa, ma non torno a ciò che ho lasciato. Di quanto ho lasciato non esiste più nulla se non il mare e l’affetto di una famiglia che non è solo legame di sangue, ma radici pazienti e profonde che ci intrecciano gli uni gli altri. Lo so che Palermo è una città feroce. Ma so che posso reggere il suo sguardo adesso. Lo so che Palermo non avrà riguardo per me e che non mi riserverà nessun trattamento di favore per essere tornata. Rimmarrà così com’è, bellissima e violenta e quando incassando i suoi colpi  mi accascerò con un filo di sangue che esce dalla bocca, lei mi dirà seria e con voce ferma: “Io non ti avevo promesso niente”.
WP_20140530_044Palermo che non prometti niente, io torno da te lo stesso. Posso, adesso, che ho imparato a sopportare l’assenza del compimento. Voglio, adesso, che non sei una resa, ma una scelta. Posso, adesso, ora che ho imparato a non aver paura dei miei squilibri ora che sorridendo apro la porta ad una strana e folle forza che diventa parole da scrivere e disegni tra le dita, idee e progetti da rischiare, ora che la vittoria la vedo nella possibilità di esistere e non soltanto nella capacità di realizzare, anzi, ora che la vittoria non è più un traguardo da tagliare.
Palermo Palermo, è inutile che mi guardi così. Io lo so. Lo so che queste cose che ho imparato sono solo una piccola parte dell’equipaggio necessario a vivere dentro al tuo assedio. Ma io torno lo stesso.
Torno sapendo che ti maledirò e ti amerò, e ti urlerò dietro la tua crudeltà e rimarrò muta davanti a te. Ma se non torno, adesso, i semi che Roma mi ha piantato dentro non marciranno e non ci sarà frutto. E non provare a vivere secondo quanto si intuisce vero è l’unica morte che oggi temo.
Bixio: Generale, finalmente siamo giunti nella tanto desiderata città di Palermo.
Garibaldi: Nino, domani a Palermo.
Bixio: Riusciremo ad entrare in questa città, generale?
Garbaldi: Nino, o a Palermo o all’inferno! (M. Cuticchio).

14 pensieri su “O a Palermo o all’inferno!

  1. A Palermo, troverai anche sorrisi ed abbracci
    A presto
    ps mi auguro che tra i tuoi futuri programmi palermitani ci possa essere spazio e tempo destinato a laboratori coi bambini

      • sì, ne abbiamo assolutamente bisogno!!!! 🙂

        Il tuo scritto mi ha fatto pensare alla vicenda di Aldo Pecoraino, anziano pittore molto noto a Palermo, amante degli alberi. Un giorno un incendio devastò la sua sughereta, quella che gli aveva donato tanti e tanti spunti. Tutto sembrava morto, scheletrito, bruciato. Ma lui continuò a sedersi sotto la sua amata quercia, e continuò a dipingerla anche così annerita, e rovente, avvolta da fiamme immani. Ebbene, come vedrai nel video, la quercia tornò a vivere. https://www.youtube.com/watch?v=02Nd1nAPD8g

  2. ho fatto la stessa scelta quasi due anni fa ormai, tornato dopo 5 anni fuori. devo dirti che i momenti di sconforto sono sono stati molti meno di quelli che mi sarei aspettato. Mi sono sentito un po’ come un obeso che tenta di sedersi nel suo posto assegnato in aereo: stringi da un lato, riassetti dall’altro, ti fai spazio come puoi per cercare di starci dentro il più comodamente possibile. Le manovre magari saranno un po’ troppe e il viaggio non sarà comodissimo, ma la meta la raggiungi ugualmente 😉

  3. mi ritrovo al 100% in tutto quello che hai scritto. Vivo a Roma e sono di Palermo. Ogni mattina mi alzo con la nostalgia della vita più facile che avevo a casa, ma so benissimo che una scelta giusta non c’è. Ovviamente è un rischio tornare a Palermo, ma se hai deciso di farlo evidentemente Roma, che è bella, ma bastarda, non è riuscita a darti tutto ciò che cercavi e di cui hai bisogno. In bocca al lupo.

  4. Ho provato anch’io a vivere lontano da questa città fatta di sabbie mobili che non lasciano scampo al voler fare. Sono tornata per gli stessi motivi, rinunciando a fare il mio lavoro e reinventandomi ogni giorno pur di stare qui.
    Oggi però vorrei scappare il più lontano possibile. Aspetterò l’occasione giusta.
    Ma se quando sarai qui vorrai lavorare in radio o collaborare a delle lezioni di cinema e recitazione, contattami pure. In bocca al lupo!

  5. Mi fai pensare…abito a Londra, ma la Sicilia, Palermo particolarmente, mi mancano ogni santo giorno. Questa terra strana e straniera mi ha dato molto, troppo forse, le mie più grandi ambizioni hanno trovato realizzazione in questa terra che ha tirato fuori il meglio di me. Eppure trovo ingiusto, crudele, che io non possa ottenere altrettanto nella mia città, a casa. Anche a Palermo avevo un lavoro e professionalmente avevo una posizione, sono venuto quì per mettermi in gioco; che sia il momento di ri-iniziare tutto ritornando? Il tempo che rispondo a questa domanda ti faccio i miei migliori auguri. In bocca al lupo.

  6. Non ti conosco.
    Ma conosco ciò che tu ora conosci.
    Ho fatto lo stesso giro. Più a lungo, più in largo.
    Sono di nuovo qui.
    Come te per scelta.
    Lasciando ciò che altri dicono, da lontano, di volere per tutta la vita.
    Come te per rischiare.
    Perché se vale la pena rischiare per qualcosa, forse, potrebbe essere questa.
    Sono trascorsi due anni, oggi.
    E’ ancora dura.
    Sarà ancora dura.
    Ma questo tu lo sai.

    MdF

  7. Ciao Giulia,
    sono di Catania, in cuor mio la penso esattamente come te.

    Vivo lontano dalla mia città da ormai 6 anni, sballottato tra il nord Italia e l’estero per motivi prima di studio e poi di lavoro.. il mio progetto iniziale era quello di tornare a riinvestire ciò che avrei imparato fuori proprio nella mia città, ci si sente un po’ codardi a lasciare la nostra “terra maledetta” [cit. Nuovo Cinema Paradiso] non possiamo andare via tutti, io voglio ancora goderne, vorrei contribuire a farla ripartire..

    Grazie per questa piccola emozione che hai generato in me attraverso questo bel testo.

  8. Ho conosciuto Palermo solo da turista, la visione è ovviamente differente, non conosco realmente la città.
    Ma ti faccio i miei migliori auguri, da romano, per questo salto che percepisco difficile e coraggioso.

  9. Uhao…condivido appieno l’emozione nel ritornare in questa maledetta e nello stesso tempo bella Palermo…chissà com’è, cerchi un futuro….e dopo tanto cercare, scappi da Palermo con tanti propositi per poi tornare al punto di partenza con tutto quello che ti è mancato, anche se con un punto di vista diverso…con la consapevolezza di non poter cambiare Palermo, ma non puoi vivere altrove bene come a casa tua.
    Ben Tornata a casa.

  10. Pingback: O a Palermo o all’inferno! | eufemia, frammenti

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