“…l’abitudine della libertà e il coraggio di scrivere…”

Christoffer-RelanderMultiple-Exposure-Portraits

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Quando vi chiedo di scrivere più libri vi sto incitando a fare qualcosa che contribuirà al vostro bene e al bene del mondo intero. Come giustificare questo istinto o questa fede, non saprei, giacchè i termini filosofici, se non si è stati educati in un’università, possono facilmente tradirci.

Che cosa significa “la realtà”? Sembra essere qualcosa di molto impreciso, che ora si può trovare in una strada polverosa, ora in un pezzo di carta sul marciapiede, ora in un narciso al sole. Illumina un gruppo in una stanza e incide una parola che è stata detta a caso. Ci sopraffà mentre torniamo a casa, camminando sotto le stelle, e fa sì che il mondo silenzioso diventi più reale di quanto non sia il mondo delle parole; e poi la si ritrova di nuovo sull’imperiale di un autobus, in mezzo allo strepito di Piccadilly. D’altra parte, a volte sembra nascondersi dietro forme troppo lontane perchè ci sia possibile capire la loro vera natura. Ma qualunque cosa essa tocchi, viene fissata e resa permanente. È questo che ci resta, quando abbiamo gettato dietro la siepe la buccia vuota del giorno; è questo che ci resta del tempo passato, dei nostri amori e delle nostre avversioni. Orbene lo scrittore, mi sembra, ha la possibilità di vivere, più di quanto possano vivere gli altri, in presenza di questa realtà. Il suo compito è trovarla, raccoglierla e comunicarla agli altri. Così almeno posso dedurre dalla lettura di Lear, di Emma o Alla ricerca del tempo perduto. Giacchè la lettura di questi libri sembra eseguire una curiosa operazione generativa sui nostri sensi; a lettura finita vediamo più intensamente; il mondo ci sembra finalmente svelato e animato da una vita più intensa. Invidiabili sono le persone che vivono in conflitto con l’irrealtà; da compatire invece quelli che vengono colpiti in testa da ciò che hanno fatto, senza sapere e senza curarsene. […]

Vi ho gia detto che Shakespeare aveva una sorella; ma non la dovete cercare nelle biografie del poeta. Ella morì giovane; ahimè, non scrisse mai una parola. Giace seppellita là dove si trova oggi la fermata degli autobus, presso Elephant and Castle. Ora io credo che questa poetessa, che non scrisse mai una parola e venne sepolta presso un incrocio, viva ancora. Vive in voi e vive in me, e in molte altre donne che non si trovano qui questa sera, perchè stanno a casa a lavare i piatti e a far dormire i bambini. Tuttavia essa vive; perchè i grandi poeti non muoiono; sono presenze perenni; hanno bisogno soltanto di un’oppurtunità per tornare fra noi, in carne ed ossa. Ora, questa oppurtunità, mi sembra siete finalmente in grado di offrirgliela voi. […]

Se abbiamo l’abitudine della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo; se usciamo un attimo dalla stanza comune di soggiorno e vediamo gli esseri umani non sempre in relazione l’uno con l’altro bensì in relazione con la realtà; e anche il cielo e gli alberi o ciò che si voglia; se guardiamo oltre lo spauracchio di Milton, poichè nessun essere umano ci può chiudere la visuale; se guardiamo in faccia il fatto, poichè si tratta di un fatto, che non c’è un solo braccio al quale appoggiarsi, ma che dobbiamo fare la nostra strada da sole e che dobbiamo essere in relazione con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà finalmente l’opportunità, e quella poetessa morta, che era sorella di Shakespeare, ritornerà al corpo del quale tante volte ormai ha dovuto spogliarsi. Attingendo la sua vita dalla vita di quelle sconosciute che l’hanno preceduta, come prima di lei fece suo fratello, nascerà la poetessa. La possibilità tuttavia che ella possa nascere senza quella preparazione, senza quello sforzo da parte vostra, senza quella decisione che ci vuole perchè una volta rinata ella possa vivere e scrivere il suo poema, è comunque da scartarsi, poichè ciò sarebbe assolutamente impossibile. Ma io sostengo che ella arriverà, se lavoriamo per lei; e che lavorare così, sia pur nella povertà e nell’oscurità, vale la pena.

 Da Una stanza tutta per sè di Virginia Woolf