La gioia viva

I pini hanno gli aghi
che pungono i piedi.
Il silenzio è una casa,
bella! Più di quel che credi.

Ci abita dentro il respiro di mamma,
Il latte, la notte, la luna, la nanna.
Ci abita il sole cocente del giorno
i baci, l’amore, l’andata e il ritorno.

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Fra gli alberi cresce la nostalgia
dalla mamma mi allontano
ma senza andar via.
Inseguo i grilli, le formiche veloci
Il vento leggero
le foglie
un sentiero!

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La luce fa tremule tutte le cose
la mamma e me
le piante odorose.

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Mi sporco e mi lavo
sono selvaggio
per crescere bene
ci vuole coraggio!

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La mamma lo dice:
papà bambino
giocava qui ed era felice!

E la gioia resta viva
perfino sulla pietra.
La cerco, la trovo
mi avvolge come un manto.
Guarda come è bello!
E restami qui accanto!

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Lo stretto necessario

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Per me questa foto è bellissima.

Perché noi siamo piccoli e tutto è grande.

Perché io mi prendo cura di te e tu mi guardi.

È bella questo foto, antica e vergine.

Un oleandro rosa, tutto l’amore, lo stretto necessario.

 

Tu, come il sole

Paolo Borsellino, presso il Tribunale di Palermo.

Paolo Borsellino, presso il Tribunale di Palermo.

Ho molta fede in te, mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.

Confidare, Antonia Pozzi.

Per ogni luna crescente e calante

@nynkelocher

@nynkelocher

Provo a scrivere  questo post dal 7 luglio. Da quando sono entrata in bagno pensierosa e stanca e ne sono uscita in lacrime alla ricerca urgente del più importante degli abbracci.

Mi scorrevano fiumi di lacrime dagli occhi e un rivolo di sangue nuovo tra le gambe.

Il capoparto è la prima mestruazione che arriva dopo aver dato alla luce. E non ha una data per nessuna donna. Ad alcune arriva subito, per altre ci vuole qualche mese, per me ce ne sono voluti quindici. Circa 450 giorni bianchi come il latte del mio seno.

Avevo immaginato questo momento in ogni modo, raffigurandomi la fatica di ricominciare. Avevo paura e insieme desiderio di tornare ad avere un ritmo, di uscire da un tempo tutto dedicato, senza sbalzi, di ricominciare a rincorrere cime, trovando un varco d’uscita dalla mia  lunga faticosissima pianura.

Ho visto il sangue e sono scoppiata in un pianto di liberazione. Mi sentivo come se stessi tornando da un lungo viaggio, come se facessi io stessa ritorno a me stessa. Ero Itaca, Ulisse, Penelope e il mare.

È stato un ciclo lungo ed abbondante e senza dolore. L’indomani mattina mi sono svegliata con sangue dappertutto: sulle mutande, sul pigiama, sulle lenzuola, sul coprimaterasso e sul materasso. E quando sono tornata dal bagno ed ho ho trovato il mio uomo con una spugnetta che canticchiando cercava di smacchiare il possibile e mio figlio che saltava contento fra le lenzuola battezzate dal sangue nuovo, ho deciso che volevo fare una festa.

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Ho invitato le donne a me care, non tutte quelle che avrei voluto, ma alcune a mo’ di rappresentanza. Sono venute accompagnate ciascuna dal frutto del proprio sangue, non solo figli, ma amori, dolori, vita da raccontare e condividere. Le ho viste passaggiare nel nostro giardino e mangiare alla nostra tavola, erano bellissime ed ho provato una grande gioia a pensare che il mio sangue ci avesse riunite così. Ho ricevuto fiori, dolci soffici come nuvole, vino e molto amore.

Allora ho potuto attraversare la paura ed arrivare fino al “capo” di questo tratto di vita che è il diventare madre, fino a quel promontorio che sporge estendendosi sul mare e che è da sempre la fine e l’inizio dei viaggi epici. Il capoparto come il Capo di Buona Speranza, come Capo Horn, Nord, come Capo Passaro. Inizio e fine di un mondo. L’inizio di un tempo sacro e benedetto che non è per la procreazione e che ha un limite visibile, un confine sottile che annuncia nuove terre da esplorare. Chi sarò, come diventerò, quali potenze inespresse ci sono in me, quale forza ho da scoprire, che tipo di donna posso nuovamente diventare, cosa desidero davvero, verso dove e con chi voglio navigare.

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È benedetto il frutto del grembo di una donna, ma è benedetto soprattutto il grembo che compie gli stessi cicli, che funziona in modo eguale, ma che non fa mai una cosa simile. Una diversità moltiplicata per quanto lunga e larga si estende la vita di una donna e poi per le vite di tutte le donne, da Eva alla Madonna, sempre, per ogni luna crescente e calante, in ogni cielo, finché esiste il mondo.

Clorophilla, italian artist

Clorophilla, italian artist

Luglio per i secoli dei secoli

La Luna del 9 di luglio, A.D. 2019

La Luna del 9 di luglio, A.D. 2019

Cena finita,
raccolte le briciole.
Caldo, grilli e cicale.
La Luna è a metà,
aperta, mancante, lucente, bellissima.
Colmi i nostri pensieri.
I cani hanno mangiato,
le piante hanno bevuto,
siamo una comunità
e aspettiamo la notte.
Una tregua.
Rinunciamo al letto, a lenzuola in fiamme,
restiamo fuori,
due sdraio vicine.
Io col seno scoperto
per nutrire il più piccolo del micro cosmo che è la nostra casa:
Un sogno faticoso che non finisce di realizzarsi
aperto, mancante, lucente, bellissimo.
Io leggo, lui dorme.
La sua testa sul braccio,
un impasto di pelle e sudore:
Amore mio, sei il mio pane quotidiano,
ti mangio come fossi Gesù,
il Salvatore,
Figlio di Davide, pietà!
Dai vialetti del giardino
tu arrivi muto.
Hai rimesso a posto ogni cosa,
ricomposto il mondo perché possa ricominciare per noi un domani felice.
Ti siedi accanto,
sospiri.
Chiudi gli occhi, giri la testa, apri gli occhi, ci guardi.
Li richiudi, ti rigiri.
“Giulia…”
“Sì?”
“Io vi amo”.

Per i secoli dei secoli.
Amen.

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'Patti Smith's hands', foto di Fabio Torre.

‘Patti Smith’s hands’, foto di Fabio Torre.

L’unica cosa su cui si può contare è il mutamento.

Patti Smith, Il tessitore di sogni.

Poiché c’è forza

 Robert Mapplethorpe, Calla Lily (Selenium) , 1988.


Robert Mapplethorpe, Calla Lily (Selenium) , 1988.

Poiché c’è forza…

nel nero più nero
una padronanza assoluta
l’esplosione di una calla
trombe
grazia corporea
c’è una mano ferma
che allaccia stringhe di bambino
e il volto del coraggio
nascosto da  un velo inviolato
c’è una mano ferma
provetta nella trama dei cieli
che si annerano
là dove i cuori puri
si fanno parenti.

Poesia in memoria, Patti Smith.

Amore amore

Francesca Morvillo, Giovanni Falcone.

Francesca Morvillo, Giovanni Falcone.

Un amico d’infanzia, dopo questa canzone mi ha detto che “È bellissima, un incubo riuscito! Ma dimmi…sogni spesso le cose che hai scritto oppure le hai inventate solo per scandalizzarmi?”.

Amore amore… naviga via, devo ancora svegliarmi…

(Cercando un altro Egitto, Francesco De Gregori)

Ora.

Il mondo, mio figlio.

Il mondo, mio figlio.

La tua nascita ha disintegrato ogni cosa. Tu sei il mio disordine che non posso rimettere a posto. Tutto è da ricollocare, rivalutare, risignificare ogni giorno, ogni momento. Del “prima” ho perduto il bagaglio. Non ho abiti di ricambio, rifugio, riparo.

Ho perduto la strada che conoscevo, le parole che avevo imparato, sono straniera nel corpo, ovunque.

Da un anno siamo fabbri, carpentieri, falegnami del nostro mondo nuovo. Io, tuo padre, tu. Accampati ai piedi delle nostre montagne interiori, tentiamo scalate, cerchiamo appigli su cui puntare i piedi, affidare il nostro peso e i nostri slanci.

Quel che ti serve lo imparo con te. Ti nutri dei miei errori ma per ogni sentiero ben preso aumenti il passo verso la strada che sarà la tua. Porterai addosso le cicatrici dei miei sbagli e farò cose che nutriranno la tua rabbia e il tuo desiderio di separarti da me. I miei sbagli, viatico per la tua indipendenza.

Torna a baciarmi, però.

Invento parole nuove, un vocabolario di tenerezza e sangue, con pagine bianche di silenzio, di sconforto senza sillabe, di stanchezza e paure da ammutolire il cuore.

Studio. Osservo. Ti guardo, ti amo.

Mi chiami, mi ami, mi ciucci, mi baci.

Sei il mio laboratorio di nuove alchimie. Quel che vivremo insieme sarà la nostra dimora, mai finita del tutto, mai posseduta davvero. Saremo nomadi, viaggeremo con bagaglio leggero, ti porterò ovunque mi sarà possibile, fino alla cima della torre di Babele, dove si moltiplicano lingue e differenze, dove nulla è assoluto, unico, rigido, onnipotente.

Non ci sarà anfratto del mondo che ti riparerà dalle fratture umane, dai crolli, dalla terra che trema sotto i piedi della tua vita, nessun nascondiglio in tutta la crosta terreste o la volta celeste.

Bisogna rompersi per sopravvivere, spezzarsi come fa il pane, come fece il Nazareno, diventare briciola, farsi trasportare dal vento su altre terre. Da lì ricominciare.

Dimmi quel che non so, portami dove non vedo. Tu conosci già quel che io farò fatica a comprendere.

Sono tua madre. La tua ricchezza, la tua povertà.

Io ti darò il mondo, tu me lo spiegherai daccapo, rinnovato, diverso.

Imparo sulla tua pelle ad essere madre. Fuori da ogni metafora. Siamo sfollati, fuori dai paragoni, dagli esempi, dalle comparazioni. Tutto è quel che è. Senza scampo né inganno né bugie.

Prendimi per mano ora, non quando io sarò anziana e tu un uomo. Prendimi per mano ora che io sono giovane e tu bambino. Prendimi per mano ora che non parli, ora che sei tutto istinto e fame, potenza e corpo. La strada la conosci tu. È la pienezza del tempo, adesso.

“Bisogna seguire il bambino, è lui il maestro” (Maria Montessori)

Stralunata

Patti e Jackson Smith

Patti e Jackson Smith

La sera, perfino la sera quando senti che stai per morire di stanchezza, spettinata e in pigiama, stralunata e tramortita. Perfino quando hai dolori e pensi: “Fottiti malattia del cazzo…però aspe’ non mi ammazzare per favore”, perfino quando non riesci a scrivere per mesi, a pensare per settimane, a parlare per giornate intere e perfino quando il bagno è social e la solitudine bandita, perfino allora stare con il tuo bambino può essere Rock and Roll.

Io l’ho capito oggi, quando ho visto la foto di Patti Smith con il piccolo Jackson e gliel’ho subito inviata alla mia amica Valentina la foto, ma le ho solo saputo dire: Vale, Vale, Vale!!

Stasera invece, mentre veglio sul mio bambino che dorme in macchina, che pare di pasta di mandorla per quanto è bello, proprio qui in un parcheggio del supermercato al tramonto, capisco.

Patti e Fred avevano comprato una barca per vivere sul mare e pescare i gamberetti. Poi Patti ha scoperto d’essere incinta. E allora la barca l’hanno messa in giardino e ci andavano a leggere e a prendere il thè.

Perché bisogna essere morbidi, avere sogni morbidi, flessibili, rimodellabili. E avere un’officina nel cuore e cercare la poesia come fosse pepita d’oro, con l’amore per setaccio, l’amore e il desiderio, desiderio ovunque: dentro, fuori,sulla pelle, sul cuore, in testa, sui genitali, sulle mani, nello stomaco, in mezzo ai piedi.

Lo devo dire a Valentina.