La vita, la terra, la fisica e i baci!

Debbie Shultz, foto di Harvey Turtz, 1952.

Debbie Shultz, foto di Harvey Turtz, 1952.

Questa mattina sono andata a casa dei miei genitori, e sono entrata nella mia stanza. Dovevo prendere alcune cose, rimaste lì. Ho aperto armadi e cassetti e sono stata travolta da un mondo, il mio.

Fotografie, appunti ordinatissimi di ebraico ed esegesi biblica, moleskine con dentro segnati appuntamenti, cambiamenti e stravolgimenti, il nome del mio primo ragazzo circondato da cuori e un suo sms ricopiato in perfetta grafia, dove c’era scritto: “Posso rinunciare a tutto e a tutti, ma non a te! Quindi rompi questo silenzio stampa e parlami!!”. Non mi ricordo cosa fosse successo, ma ho sorriso, dosando con attenzione la giusta tenerezza e un’onesta malinconia.

Ho trovato biglietti di concerti e di viaggi in treno, alberi disegnati in foglietti volanti e quaderni ricoperti con carta colorata, un cappello come quello di De Gregori, una lettera della mia migliore amica degna del premio Pulitzer, un blister di pillole per il mal di pancia, la foto del mio cane vicino al comodino, la poesia di uno spasimante che mi ha fatto molto ridere, i diari carichi di un cammino non proprio lineare e facile.

La vita, insomma, che non mi è sembrata né brutta né bella, ma… mia! E questo si che mi è parso importante.

Allora ho pensato a mia nonna, che ha novantacinque anni e che domenica mi ha raccontato di quando nonno tornava da lavoro e la vedeva in lontananza seduta sotto il portico e le mandava con le mani baci di soffio appassionato. Giorno dopo giorno. E da quando è morto ogni mattina lei glieli restituisce guardando la sua foto al risveglio. Giorno dopo giorno.

Mi è venuto in mente perché la vita mi è sembrata come la terra, che è fatta di strati e di sostanze che le danno fertilità e di pietre e di radici e detriti, di sali minerali e di acqua, di sabbia e calcare e tutto si amalgama nel tempo, per millenni,  tutto fa sì che la terra sia terra.

E così anche se mia nonna è anziana e mio nonno è morto, i loro baci ci sono ancora, amalgamati al tutto che gli appartiene, non si sono perduti, come è tipico dei baci, di fatto.

E così anche se la mia vita è in trasformazione quel che ho alle spalle è  amalgamato nella mia terra d’oggi, anche le cose dolorose o interrotte senza parole o non comprese, anche le cose buie così come le giornate scintillanti di piccole segretissime felicità.

E così mi sono ricordata dell’unica, credo, legge della fisica che mi è rimasta nella memoria, perché è una legge poetica in fondo quella della conservazione della massa: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Non immaginavo che finalmente l’avrei capita così, dopo anni, una mattina d’autunno, con le mani a cercar il senso nel passato, la testa al presente e tutto il corpo immerso nel più miracoloso dei futuri.

 

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